I bianchi di Gianni. E i rossi.
Gianni Menotti nasce a Sagrado in provincia di Gorizia. È piccolissimo quando la sua famiglia si trasferisce a Capriva dov'è Villa Russiz, per seguire il padre che la dirige. In pratica cresce dentro un'azienda vitivinicola. II vino, la vigna, l'agricoltura li ha quindi nel sangue, non solo per via genetica, ma come un piccolo Tarzan, assorbiti dall'ambiente in cui ha sempre vissuto. Asseconderà la sua indole fin dagli studi, conseguirà la laurea in scienze agrarie, l'abilitazione alla professione di agronomo, si specializzerà in enologia. La possibilità di mettere a frutto gli studi arriva presto, suo padre va in pensione e Gianni si mette all'opera sostituendolo alla direzione dell'azienda. La passione che lo anima si accende se possibile ancora di più sul campo, mette in atto le sperimentazioni che ha sempre sognato, si confronta con i risultati, si migliora di vendemmia in vendemmia, finché viene fatalmente, irrimediabilmente attratto dal Sauvignon ed è subito grande amore. Ricambiato. Quello che Menotti riesce a ottenere da questo vitigno lo porta alla ribalta in Italia e nel mondo; tra i critici e gli appassionati si comincia a mormorare che non puoi parlare di Sauvignon se non ne hai mai assaggiato uno di Menotti. Ma le sue capacità, ovviamente e per fortuna, vanno ben oltre il grande amore. Comincia a essere richiesto da diverse aziende, dovrà rinunciare all'esclusività, dovrà "donarsi" al territorio per far si che il suo messaggio di qualità possa essere recepito da molti a vantaggio di tutti. Cosi, per l'opera appassionata che svolge a favore dei vini friulani, nel 2012 riceve il riconoscimento di Ambasciatore Emerito da parte dell'Associazione Nazionale Città del Vino. Sempre nello stesso anno, a maggio, riceve 1'0scar del Vino di BIBENDA nella categoria Migliore Enologo.
ALCUNE DOMANDE A GIANNI MENOTTI
Cosa le piace di più del suo mestiere?
Ho sempre sognato di lavorare a contatto con la natura. Rappresentare ed essere il legame tra questa ed il vino mi fa realizzare ogni giorno un sogno.
Qual è stata la sua primissima soddisfazione professionale?
Probabilmente quando ho capito che i vini che facevo trasmettevano emozioni a chi li beveva. Il primo complimento in questo senso l’ho ricevuto da un grande produttore friulano ed è un ricordo caro, che conservo molto stretto.
Quale vino italiano apprezza di più? E straniero?
Per rispondere a questa domanda vado dritto dritto ai miei primi amori enologici: il Merlot ed il Sauvignon. In Italia adoro il Masseto, che è così… monumentale. Per l’estero vado in Francia e dico senza dubbio il Pouilly-Fumé Silex di Didier Daguenau, un Sauvignon di fantastico equilibrio tra la componente aromatica e quella strutturale.
Che progetti concreti ha nel cassetto? E quali sogni?
Voglio essere sempre il cultore dell’equilibrio e questo è un progetto costante che intendo perseguire e proseguire con le mie aziende. Il sogno è di riuscire sempre a realizzare il vino che produce emozioni e poterlo fare anche in altre parti del mondo.
Il ricordo più bello (e il più brutto)?
Sono due i ricordi che corrispondono ad altrettanti momenti per me davvero magici: nel 2012 l’Oscar del Vino di Bibenda nella categoria migliore enologo e il premio di sei anni prima, sempre come migliore enologo, del Gambero Rosso. Quanto ai ricordi brutti… Non me li ricordo più.
LA DEGUSTAZIONE: I BIANCHI DI GIANNI. E I ROSSI.
BIANCHI. SÌ. MA NON SOLO FRIULANI, MA ANCHE EXTRATERRITORIALI. VALUTAZIONI INTORNO E OLTRE I 90 CENTESIMI PER NOVE VINI DI ALTRETTANTE AZIENDE CURATI DALLA MANO DI GIANNI MENOTTI CHE PER OGNI ETICHETTA CI HA REGALATO UN PENSIERO, UNA RIFLESSIONE, UN’EMOZIONE.
CASA ZULIANI
Via Gradisca, 23 – 34072 Farra d’Isonzo (GO)
0481 888506 – www.casazuliani.com
PINOT GRJGIO WINTER 2011
Bianco Igt -Pinot Grigio 100% -13,5% -€ 22
Troppe sono le variabili organolettiche proposte per questo vitigno; volevo sfatare questo concetto esaltando le enormi proprietà del Pinot Grigio. Grande maturità e calore olfattivo, unite ad un leggero ritocco di legno di rovere, devono sublimare nel progetto del “Winter”.
Paglierino molto luminoso, il vino sprigiona subito eleganti note di biancospino e fiori di campo che lasciano via via il campo a più calde sensazioni di pere, mele golden e cenni di vaniglia, ben fusi questi ultimi nel quadro aromatico. La raffinatezza è altresì il metro di un assaggio sapido, fresco e coerente al retrolfatto, segnato da un delicato finale minerale. Raccolta tardiva delle uve e maturazione di parte del vino in barrique per 8 mesi; la restante sosta in acciaio per il medesimo periodo. Orata al forno con olive nere.
CASTELLO DI SPESSA
Via Spessa, 1 – 34071 Capriva del Friuli (GO)
0481 639914 – www.paliwines.com
COLLIO SAUVIGNON SEGRÈ 2011
Bianco Doc -Sauvignon 100% -14,5% -€ 22
È il mio vecchio amore e su questo non transigo so che non devo sbagliare, ma il Collio mi aiuta e completa la mia idea su questo vitigno. Spiccata aromaticità olfattiva che si esalta nel palato potente e delicato. Ci devono essere sempre complementarietà e questa intersecazione aromatica,. altrimenti saremmo in altre zone. Credo nel Friuli e nel Collio in particolare. So che anche il Sauvignon ci crede!
Un calice paglierino diffonde intensi, netti ed eleganti profumi di pompelmo, erbe aromatiche, foglia di pomodoro e melone invernale. Esaltante nel suo carattere fortemente varietale che fa letteralmente esplodere in bocca una coerente trama aromatica intessuta su un corpo importante. Morbido e fresco allo stesso tempo, sottile nella dote sapida e molto lungo nel tratto minerale che avvolge gli altri aromi di bocca. Maturazione in vasche di acciaio. Filetti di rana pescatrice gratinati.
CASTELVECCHIO
Via Castelnuovo, 2 -34078 Sagrado (GO)
0481 99742 -www.castelvecchio.com
CARSO MALVASIA DILEO 2011
Bianco Doc -Malvasia 100% -14% -€ 20
È nata per me una nuova sfida e si chiama Malvasia lstriana. L’ho sempre prodotta ma qui, in Carso, ha qualcosa di. particolare, di unico e tanto territoriale. La vicinanza del mare, la brezza che qui soffia sempre, ed il sole si esprimono qui in una Malvasia di grande spessore, con buona acidità e dall'aroma delicato e complesso.
Paglierino molto luminoso, all'olfatto si fa amare per una ricchezza aromatica giocata su toni di cedro, mele, pesche, fiori di campo e una mineralità salmastra a tratti molto decisa, figlia di quei terreni unici che danno fisionomia e sostanza al territorio del Carso goriziano. Di corpo e morbido l'assaggio ma al contempo scattante per un'acidità mai doma e una sapidità che accompagna l’intera fase. Intensi i ritorni agrumati e minerali. Vinificazione e maturazione in acciaio. Spaghetti pesto e vongole.
RONCO BlANCHIS
Via Blanchis, 70 -34070 Mossa (GO)
0481 80519 - www.roncoblanchis.it
COLLIO FRIUlANO BlANCHIS 2011
Bianco Doc -Friulano 100% -13,5% -€ 15
È una zona del Collio dove il vitigno trova la sua terra d'origine con una forte componente argillosa; questa lo ripaga con una struttura complessa e delicata, con una componente olfattiva di grande corrispondenza varietale. Qui nel Blanchis trova poi due varianti: una tradizionale ed una botritizzata, che evidenziano nella poliedricità del vitigno una freschezza aromatica di grande personalità.
Luminoso, quasi brillante nella veste color paglierino che anticipa articolati e piacevoli aromi di fiori bianchi, susine, pere e mele golden. Un'elegante screziatura minerale arricchisce la fase. Palato morbido, piacevole, ricco in freschezza e sapidità e solcato da ritorni coerenti che spaziano dai fiori alle note minerali, passando per una ricca componente fruttata. Acciaio. Insalata di scampi, spinaci e arance.
SCUBLA
Via Rocca Bernarda, 22
33040 lpplis di Premariacco UD -0432 716258- www.scubla.com
COLLI ORIENTALI DEL FRIULI BIANCO POMÉDES 2010
Bianco Doc - Pinot Bianco 65%, Friulano 25%, Riesling Renano 10% -13,5% - € 23
Mi piace esaltare i vini varietali, ma l'unico "vino blend"che assieme a Roberto Scubla abbiamo voluto provare più di vent'anni fa, è il Pomédes, dove il connubio tra due grandi vitigni friulani, il Tocai ed il Pinot Bianco si sposano simbioticamente con due versioni di Riesling Renano: la forma passita e quella tradizionale. Nasce così il Pomédes, per ricercare un concetto di vino che sia potente e strutturato ma, allo stesso tempo, fresco ed equilibrato.
Paglierino con riflessi oro, sfoggia aromi intensi e ampi che toccano nei toni di pesche e papaya ccorde fruttate mediterranee e tropicali. Non mancano sensazioni floreali, cenni di nocciole e note minerali. Equilibrio e rotondità al palato. Elegante la freschezza, così come la vena sapida che rinfresca ulteriormente la fase. Corpo sempre all'altezza e retrolfatto in linea con il naso. Maturazione in barrique per 8 mesi. Dentice al forno in crosta di patate.
JANKARA
Via Amerigo Vespucci, 2
07030 Sant'Antonio di Gallura (OT)
3494381296-www.vinijankara.com
VERMENTINO DI GALLURA SUPERIORE 2011
Bianco Docg -Vermentino 100% 14% - € 16
Sull’isola il mondo scorre più lento che altrove ed anche il Vermentino va piano. Ha una maturazione progressiva ma concentrata. È la prima volta che lo vinifìco e mi è piaciuta la sua territorialità. Freschezza e mineralità. Sono le sue prerogative, unite per definire un grande vino sardo dove il mare e la montagna si compenetrano in una proposta enologica di forte personalità.
Limpido e luminoso il colore paglierino che svela decisi aromi di acacia e fiori di ginestra, accompagnati da note di agrumi, melone e cenni di frutta secca. Aristocratico il soffio minerale che sottende l'olfatto. Assaggio fresco, vibrante, sapido, vivace nell'insieme, segnato da un ritmo aromatico fruttato e un lungo finale. Rese mai superiori ai 35 quintali per ettaro fanno da preludio a una vinificazione in acciaio e una maturazione, sempre in vasche inox, di 6 mesi. Pezzogna all'acqua pazza.
VALCHIARÒ
Via dei Laghi, 4C -33040 Torreano UD
0432715502 -www.valchiaro.it
COLLI ORIENTALI DEL FRIULI FRIULANO NEXUS 2011
Bianco Doc -Friulano 100% -14% - € 14
Nei Colli Orientali il Friuli evidenzia una spiccata componente aromatica; assieme a questa caratteristica, la voglia di completarlo con una complessità strutturale, era tanta. Il Nexus riesce ad essere questo e la piccola macerazione che lo compieta lo forgia per una maturità da ricercare.
Quasi brillante nel paglierino che anticipa un naso garbato ed elegante, composto da profumi di acacia e fiori d'arancio capaci di avvolgere pesche, agrumi e mandorle. Pieno e coinvolgente in bocca, con una sapidità decisa sempre ben integrata nel saldo gustativo. Non manca la freschezza che sottolinea i ritorni agrumati, seguito da più dolci aromi di frutta a polpa bianca e un respiro minerale in sottofondo. 7 mesi in acciaio. Tagliolini con grancevola.
PETRUCCO
Via Morpurgo, 12 -33042 Buttrio UD
0432674387 -www.vinipetrucco.it
COLLI ORIENTALI DEL FRIULI PIGNOLO RONCO DEL BALBO 2008
Rosso Doc - Pignolo 100% -14,5% -€ 30
Assieme al Refosco sono i vitigni rossi più rappresentativi dei Colli Orientali del Friuli. Nel Ronco del Balbo sublima la sua caratteristica normalmente un po' "silvestre" in un vino di grande equilibrio e personalità, che sta con i grandi rossi italiani. Sufficientemente tannico si ammorbidisce nella maturità regalando sensazioni calde e nobilmente austere.
Appena granato il contorno di un calice rubino profondo. Quasi esotico nei profumi per il mix tra spezie e incenso che avvolgono amarene, confetture di more e mirtilli e ancora liquirizia e un tratto rinfrescante di felce. Palato deciso, ricco, potente, sostenuto da un'acidità ben viva e appena sapido. I tannini, presenti, appaiono ben fusi con gli altri fondamentali. 36 mesi in barrique. Tagliatelle al ragù di lepre.
TENUTA MOSOLE
Via Annone Veneto, 60 300295 S. Stino di Livenza VE
0421310404 www.mosole.com
LISON PRAMAGGIORE MERLOT AD NONAM 2009
Rosso Doc -Merlot 100% -14,5% - € 15
È un territorio che evoca il Merlot. Ci abbiamo provato a farlo grande. Eccolo nel suo equilibrio, quello che gli compete, complesso al naso ed in evoluzione e potente in bocca. Mi è piaciuto riprovare l'emozione del Merlot anche in un territorio diverso da quelli tradizionalmente più conosciuti. È stata un'esperienza ancor più stimolante.
Profondo il colore nella veste rubino ravvivata da decisi riflessi porpora. Dispiega un' articolazione aromatica raffinata e golosa che abbraccia note di frutti di bosco, amarene in sciroppo e sotto spirito, violette appassite, cacao e un tratto balsamico ad avvolgere la fase. La freschezza è l'elemento distintivo di un sorso piacevole, caratterizzato da un corpo sempre adeguato e un tannino copioso benché sottile. Retrolfatto in linea con i riconoscimenti della via diretta. Maturazione per 18 mesi in barrique. Spezzatino di manzo in umido
Bibenda 2013
L’enologo Gianni Menotti firma le eccellenze friulane Pradio
Il Sauvignon Sobaja, il Friulano Gaiare e tutta la gamma dei vini Pradio portano la firma di Gianni Menotti. L’azienda friulana ha stretto una collaborazione con l’enologo goriziano dalla vendemmia 2012
Gianni Menotti (nella foto, al centro), dalla vendemmia 2012, è l’enologo dell’azienda agricola Pradio di Felettis Di Bicinicco, vicino a Palmanova, cantina di proprietà della famiglia vicentina Cielo. La sua lunga esperienza porterà sicuramente un valore aggiunto all’azienda agricola Pradio che si contraddistingue per la produzione di vitigni autoctoni e internazionali che ne ha designato il ruolo di protagonista per il territorio delle Grave del Friuli Doc.
La cantina Pradio è situata a pochi chilometri dalla città fortezza di Palmanova, tra la montagna e il mare, in un piccolo borgo, ed è qui che la famiglia Cielo, esattamente i fratelli Giovanni, Renzo e Piergiorgio, acquistarono nel lontano 1972 un corpo unico di 20 ettari. La tenuta che oggi è quasi duplicata è composta da terreni in eccellente posizione e soleggiati, dislocati in un territorio dalla grande tradizione vinicola, ricco di risorgive, oasi naturalistiche e dove il mondo di una volta rappresenta un patrimonio unico di tradizioni, cultura e arte.
La storia di Pradio continua oggi con la quarta generazione della famiglia Cielo, che persegue l’obiettivo di produrre vini unici per eleganza e personalità, e che con la preziosa collaborazione di Gianni Menotti, continuando il percorso di produzioni di vini d’eccellenza contestualizzati nel particolare territorio delle Grave del Friuli.
«Questa parte del Friuli ha delle potenzialità ancora inespresse - afferma Gianni Menotti - produrre vini nel rispetto assoluto degli equilibri di questo terroir è il mio obiettivo».
L’arte della vinificazione per Pradio è iniziata con Giovanni, il capostipite a cui sono dedicate le etichette dei vini: una striscia rossa che testimonia il vezzo del suo fondatore, amante del color vermiglio, tanto da indossare frequentemente la cravatta dello stesso colore. La direzione della cantina oggi è affidata a Luca Cielo (nella foto, a destra), mentre l’export ed il marketing sono affidati a Pierpaolo Cielo (nella foto, a sinistra). Il gruppo di lavoro si completa in cantina con Enrico Della Mora, in qualità di responsabile operativo e Beppe Bassi con il ruolo di coordinatore tecnico che ha affiancato l’azienda per oltre vent’anni. La produzione annuale approssimativa è di 300mila bottiglie, di cui 80mila destinate al mercato italiano. La famiglia Cielo ha investito molto negli ultimi anni negli impianti produttivi, riducendo la resa per ettaro per ottenere una produzione d’eccellenza rivolta esclusivamente al canale tradizionale.
«Con i piedi per terra e la caparbietà che ci contraddistingue, pensiamo di essere sulla strada giusta - afferma Luca Cielo - vogliamo contribuire a dare valore a questo territorio e creare vini dal profondo marchio territoriale».
Forte di una sensibilità rivolta a valorizzare al massimo le uve e le micro produzioni, Menotti conosce da sempre i territori vinicoli del Friuli e possiede una spiccata sensibilità che gli consente di cogliere al meglio le tempistiche che cadenzano la preparazione dei vini sia in vigna che in cantina, unendole a passione, sapienza e rispetto delle caratteristiche varietali: un mix mirabile che si riflette di conseguenza anche in tutta la gamma di vini cru prodotti dall’azienda agricola Pradio.
Una questione di Cru
I vini Pradio sia i bianchi, vinificati in acciaio, che i rossi, affinati in barrique di rovere, hanno caratteristiche di forte personalità e spessore e riflettono il carattere del vitigno e del sito specifico in cui crescono e i loro nomi derivano da toponimi dialettali friulani. Con la loro elegante veste grafica enfatizzano colore, profumi, corposità e complessità aromatica. Della gamma produttiva di Pradio fanno parte di rossi: il Crearo da uve cabernet sauvignon, il Roncomoro da uve merlot, il Tuaro da uve refosco, e per i vini bianchi il Gaiare da uve Tocai Friulano, il Priara da uve pinot grigio, il Teraje da uve chardonnay e il Sobaja da uve sauvignon e il Passaparola, Prosecco spumante. Quest’ultimo, coltivato da pochi anni, sta portando dei risultati molto interessanti per la spiccata componente aromatica che si evidenzia nell’analisi organolettica.
Italia in tavola 23 aprile 2013
“Selezione Italia V” a Vienna
L’evento, organizzato dal giornalista Christian Bauer, ha rappresentato un importante momento di incontro con il mercato austriaco.
Protagonista anche la Global Lion di Trieste, con il suo parterre di eccellenze
Si è tenuta il 28 febbraio scorso la V edizione di “Selezione Italia” all’Hotel Regina di Vienna, nel cuore della splendida capitale. A partecipare sono state 34 aziende vitivinicole italiane, selezionate dal giornalista enologico Christian Bauer, chiamate a rappresentare al meglio l’eccellenza della produzione italiana e presentarla al mercato austriaco.
Grande protagonista di Selezione Italia a Vienna è stato il gruppo triestino Global Lion, capeggiato da Graziello Olenik, composto da Castello di Querceto e Usiglian del Vescovo (entrambi toscani), dall’abruzzese Marramiero, da Roberto Scubla, realtà friulana rappresentata per l’occasione dal Dott. Gianni Menotti, miglior enologo d’Italia 2012 secondo la rivista Bibenda, nonché dai vini del Carso triestino di Bajta (Terrano, Vitovska, Malvasia Istriana). La Global Lion, che già si era distinta per il suo parterre
di eccellenze food and wine in altre occasioni (ad esempio al Merano WineFestival), prosegue nella sua azione di promozione e commercializzazione del made in Italy di alta qualità, in diversi Paesi esteri. Oltre ai vini, non sono mancati gli esponenti della gastronomia nostrana, come Bajta Fattoria Carsica, con gli eccellenti salumi e prosciutti di produzione propria, che si ottengono da suini allevati allo stato brado
Selezione “Italia V” in Wien The event promoted by the journalist Christian Bauer, has represented an important meeting occasion for the market of Austria. Among the protagonists there is Global Lion from Trieste, with its wide range of excellences
Last february 28th Wien has welcomed the V edition of “Selezione Italia” at Hotel Regina, Wien, in the heart of the city. 34 wineries selected by the oenogastronomical journalist Christian Bauer, have been invited to represent the excellence of the Italian production. The true protagonist of Selezione Italia has been the company from Trieste Global Lion, managed by Graziello Olenik, and made up by Castello di Querceto and Usiglian del Vescovo (both from Tuscany), Marramiero from Abbruzzo, Roberto Scubla, from Friuli – here represented by Dott. Gianni Menotti, the best oenologist in Italy 2012 according to the magazine Bibenda - also by Bajta wines - Carso Triestino (Terrano, Vitovska, Malvasia Istriana). Global Lion is well-known for its parterre of excellences in food and wine (it has surprised at last Merano WineFestival); now it continues its promotion and marketing of made in Italy excellences abroad. Beside wine, the group proposes excellences in Italian gastronomic specialties, such as Bajta Fattoria Carsica, with its homemade salami and ham produced with pigs bred in the wild.
I Grandi Vini aprile 2013
Intervista all’enologo
I miei vini sono sfericità
Agronomo ed enologo di lungo corso, Gianni Menotti è riconosciuto e premiato dalla critica per i suoi vini di equilibrio, che nascono da una singolare capacità di carpire e interpretare i messaggi della natura.
Gianni Menotti,
“Miglior enologo dell’anno” 2012
Agronomo ed enologo di lungo corso, Gianni Menotti è riconosciuto e premiato dalla critica per i suoi vini di equilibrio, che nascono da una singolare capacità di carpire e interpretare i messaggi della natura.
Gianni Menotti,
“Miglior enologo dell’anno” 2012
Quando nelle elegantissime sale del Rome Cavalieri, in occasione degli Oscar del Vino, evento tra i più attesi nel comparto enologico, Gianni Menotti ha ricevuto il prestigioso e ambito riconoscimento di “Miglior enologo dell’anno” l’emozione, per questo agronomo ed enologo friulano, è stata intensissima, indimenticabile. È stato il coronamento di un lungo e appassionato percorso professionale compiuto in una regione straordinariamente enoica, il Friuli Venezia Giulia, così inimitabile per i suoi terroir, dove l’incontro tra il mare e la terra regala bianchi insuperabili per struttura e percezioni olfattive. Importante compito di chi tra quei vigneti lavora è saper cogliere di anno in anno i messaggi di una natura così prodiga e trasmetterli in un vino attraverso uno stile proprio, unico, riconoscibile. Questo Gianni Menotti lo ha fatto per oltre vent’anni in una prestigiosa azienda del Collio cercando l’elegante equilibrio, la “sfericità” nei suoi vini. Ora, aprendosi oltre regione, da consulente e libero professionista, continua a farlo, pensando anche a esperienze internazionali con terroir meno noti o sconosciuti per mettere alla prova un bagaglio ricco e invidiabile di esperienze.
Gianni Menotti, il vino è un “mestiere” di famiglia…
Se ne occupò amatorialmente mio nonno, in maniera professionale, per tutta una vita, mio padre, a partire dal Dopoguerra. Io presi una laurea a Padova in Agraria, mi specializzai poi in enologia, acquisendo anche il titolo di enologo, e continuai sulle orme paterne. Questo nel vero senso della parola, perché nel 1989 gli succedetti alla guida di Villa Russiz, azienda agricola goriziana vocata alla produzione di vini della denominazione d’origine controllata del Collio. Fu una fortunata coincidenza, ma anche un percorso per me logico che dava continuità a un’esperienza incominciata da bambino tra le botti in cantina, tra i filari di vite nell’ampia distesa di vigneti dell’azienda.
Che cosa ricorda di “quell’infanzia enologica”?
I profumi di cantina, ma ricordo anche con affetto e nostalgia quella vita spensierata che un tempo il mondo agreste regalava, quell’andare un po’ a rilento, al passo con il ciclico divenire della natura. Quella lentezza, quasi meditativa, permetteva di carpire con sorprendente immediatezza il linguaggio della natura, i messaggi che essa, prodiga, trasmetteva.
La meccanizzazione ha un po’ strappato il mondo agreste a questo lento divenire…
…dando però l’opportunità di lavorare in condizioni migliori. D’accordo il vivere bucolico, gli spazi, la quiete, ma quello era anche un mondo di fatica, di pesante e duro lavoro. La macchina, di per sé, non si è portata via nulla, è piuttosto questa esasperante, continua corsa alla tecnologia, questo voler velocizzare ogni cosa che ha snaturato anche i ritmi dell’agricoltura. L’uva ha oggi un percorso vegetativo più breve rispetto al passato, e questo a seguito del forte impatto del progresso e dell’industrializzazione sul clima.
Da agronomo ed enologo, inizia l’attività professionale.
Prima di approdare a Villa Russiz, feci una breve esperienza nella vendita di tecnologia di alta gamma per il settore vitivinicolo, questo mi diede la possibilità di ampliare i miei orizzonti su un mondo enoico fino a quel giorno limitato ai 40 ha di vigneto dove mio padre lavorava. Visitai aziende agricole importanti, fu un’esperienza preziosa che portai con me. I miei esordi, dopo il “passaggio di testimone”, furono caratterizzati dall’idea di rinnovamento: volevo e dovevo portare un messaggio innovativo in azienda frutto dei miei studi universitari, farlo in armonia con il percorso agricolo naturale, rappresentava la difficile sfida. Bisognava stare con i piedi per terra!
La natura conduce il gioco…
È il territorio, il terroir, quell’insieme complesso di elementi pedoclimatici e antropici, che fa il vino. L’agronomo, l’enologo è un semplice ma abile interprete e trasformatore di quella proposta, agronomica prima ed enologica poi, che annualmente la natura regala. Il suo compito è quello di trasformare l’uva in vino, svelando, con capacità e misurata tecnica, questo messaggio, senza fuorviarlo. Il vino, che io considero, è un vino d’equilibrio. È la natura stessa a regalare questo equilibrio, ogni terroir ne ha uno, basta ascoltare, capire…
Da oltre 25 anni nel mondo del vino, un percorso professionale che Gianni Menotti ha compiuto in una regione straordinariamente enoica, il Friuli Venezia Giulia, così inimitabile per i suoi terroir, dove l’incontro tra il mare e la terra regala bianchi insuperabili per struttura e percezioni olfattive
Capire il vino…
Capire il vino è una fase del processo di trasformazione che, a un certo punto, ha termine; il tecnico non deve andar oltre le potenzialità dell’uva che coltiva, forzando e storpiando la natura. Io non ho mai voluto eccedere, forzare, deviare da quel processo naturale; anche a costo di lasciare piccole spigolature nel vino…! Chiamiamole difetti? Imperfezioni… purché non lo siano dal punto di vista organolettico − tutto il processo di trasformazione deve essere inserito in un percorso di qualità, riducendo al minimo i difetti −, imperfezioni capaci di regalare un’identità al vino. D’altronde se procedessimo da manuale, eliminandole, standardizzeremo il tutto, globalizzeremo anche il vino con il pericoloso rischio di giocarcela solo in termini di prezzo, e qui chiuderemmo subito la partita, perdendola, con competitor agguerriti e capaci come quelli del Nuovo Mondo.
Il Terroir, prezioso alleato. Quello del Friuli Venezia Giulia è inimitabile e particolarissimo.
Adoro in maniera sconsiderata il territorio friulano, quello nel quale sono nato, ho vissuto, ho iniziato il mio percorso enologico. Il Friuli è una terra baciata dalla natura per produrre grandi vini bianchi, ma in alcuni siti anche grandi vini rossi. La sua collocazione geografica riveste un ruolo chiave, vicino al mare, vicino alla montagna… Dell’atmosfera del mare l’uva si avvolge durante la maturità: i venti caldi che soffiano dalla costa portano una maturità importante al grappolo. Per contro, di sera, sempre durante la maturazione, l’uva trae grande giovamento dai venti freschi della montagna. C’è un continuo bilanciamento tra mare e montagna che nel vino si sente e porta a equilibri importanti fatti di alti valori enologici e, a volte, di gradazioni alcoliche sostenute.
Gianni Menotti, il vino è un “mestiere” di famiglia…
Se ne occupò amatorialmente mio nonno, in maniera professionale, per tutta una vita, mio padre, a partire dal Dopoguerra. Io presi una laurea a Padova in Agraria, mi specializzai poi in enologia, acquisendo anche il titolo di enologo, e continuai sulle orme paterne. Questo nel vero senso della parola, perché nel 1989 gli succedetti alla guida di Villa Russiz, azienda agricola goriziana vocata alla produzione di vini della denominazione d’origine controllata del Collio. Fu una fortunata coincidenza, ma anche un percorso per me logico che dava continuità a un’esperienza incominciata da bambino tra le botti in cantina, tra i filari di vite nell’ampia distesa di vigneti dell’azienda.
Che cosa ricorda di “quell’infanzia enologica”?
I profumi di cantina, ma ricordo anche con affetto e nostalgia quella vita spensierata che un tempo il mondo agreste regalava, quell’andare un po’ a rilento, al passo con il ciclico divenire della natura. Quella lentezza, quasi meditativa, permetteva di carpire con sorprendente immediatezza il linguaggio della natura, i messaggi che essa, prodiga, trasmetteva.
La meccanizzazione ha un po’ strappato il mondo agreste a questo lento divenire…
…dando però l’opportunità di lavorare in condizioni migliori. D’accordo il vivere bucolico, gli spazi, la quiete, ma quello era anche un mondo di fatica, di pesante e duro lavoro. La macchina, di per sé, non si è portata via nulla, è piuttosto questa esasperante, continua corsa alla tecnologia, questo voler velocizzare ogni cosa che ha snaturato anche i ritmi dell’agricoltura. L’uva ha oggi un percorso vegetativo più breve rispetto al passato, e questo a seguito del forte impatto del progresso e dell’industrializzazione sul clima.
Da agronomo ed enologo, inizia l’attività professionale.
Prima di approdare a Villa Russiz, feci una breve esperienza nella vendita di tecnologia di alta gamma per il settore vitivinicolo, questo mi diede la possibilità di ampliare i miei orizzonti su un mondo enoico fino a quel giorno limitato ai 40 ha di vigneto dove mio padre lavorava. Visitai aziende agricole importanti, fu un’esperienza preziosa che portai con me. I miei esordi, dopo il “passaggio di testimone”, furono caratterizzati dall’idea di rinnovamento: volevo e dovevo portare un messaggio innovativo in azienda frutto dei miei studi universitari, farlo in armonia con il percorso agricolo naturale, rappresentava la difficile sfida. Bisognava stare con i piedi per terra!
La natura conduce il gioco…
È il territorio, il terroir, quell’insieme complesso di elementi pedoclimatici e antropici, che fa il vino. L’agronomo, l’enologo è un semplice ma abile interprete e trasformatore di quella proposta, agronomica prima ed enologica poi, che annualmente la natura regala. Il suo compito è quello di trasformare l’uva in vino, svelando, con capacità e misurata tecnica, questo messaggio, senza fuorviarlo. Il vino, che io considero, è un vino d’equilibrio. È la natura stessa a regalare questo equilibrio, ogni terroir ne ha uno, basta ascoltare, capire…
Da oltre 25 anni nel mondo del vino, un percorso professionale che Gianni Menotti ha compiuto in una regione straordinariamente enoica, il Friuli Venezia Giulia, così inimitabile per i suoi terroir, dove l’incontro tra il mare e la terra regala bianchi insuperabili per struttura e percezioni olfattive
Capire il vino…
Capire il vino è una fase del processo di trasformazione che, a un certo punto, ha termine; il tecnico non deve andar oltre le potenzialità dell’uva che coltiva, forzando e storpiando la natura. Io non ho mai voluto eccedere, forzare, deviare da quel processo naturale; anche a costo di lasciare piccole spigolature nel vino…! Chiamiamole difetti? Imperfezioni… purché non lo siano dal punto di vista organolettico − tutto il processo di trasformazione deve essere inserito in un percorso di qualità, riducendo al minimo i difetti −, imperfezioni capaci di regalare un’identità al vino. D’altronde se procedessimo da manuale, eliminandole, standardizzeremo il tutto, globalizzeremo anche il vino con il pericoloso rischio di giocarcela solo in termini di prezzo, e qui chiuderemmo subito la partita, perdendola, con competitor agguerriti e capaci come quelli del Nuovo Mondo.
Il Terroir, prezioso alleato. Quello del Friuli Venezia Giulia è inimitabile e particolarissimo.
Adoro in maniera sconsiderata il territorio friulano, quello nel quale sono nato, ho vissuto, ho iniziato il mio percorso enologico. Il Friuli è una terra baciata dalla natura per produrre grandi vini bianchi, ma in alcuni siti anche grandi vini rossi. La sua collocazione geografica riveste un ruolo chiave, vicino al mare, vicino alla montagna… Dell’atmosfera del mare l’uva si avvolge durante la maturità: i venti caldi che soffiano dalla costa portano una maturità importante al grappolo. Per contro, di sera, sempre durante la maturazione, l’uva trae grande giovamento dai venti freschi della montagna. C’è un continuo bilanciamento tra mare e montagna che nel vino si sente e porta a equilibri importanti fatti di alti valori enologici e, a volte, di gradazioni alcoliche sostenute.
L’alcol nel vino non vive oggi un momento di favore…
… ma è un elemento importante che del vino stesso fa parte. Anche se, anche qui, l’equilibrio è fondamentale.
Una lunga esperienza professionale nel Collio. Che cosa ricorda di quegli anni?
Ricordo un progetto, che poi è stato un vero e proprio percorso enologico focalizzato su un vitigno che adoravo, e tutt’ora adoro, il Sauvignon. Mi è piaciuto proporre questo vitigno verso gli anni ‘90 quando non c’erano ancora i Sauvignon attuali. Questo percorso era volto a portare un equilibrio tra la parte olfattiva di questo vitigno, evidentissima, e la parte strutturale, quella di bocca, che emerge dall’influenza del terroir friulano; un equilibrio, come amo sottolineare, spostato verso alto, un equilibrio di valori.
Il tema dell’equilibrio è ricorrente nella sua visione enoica…
Quello che mi è sempre piaciuto è cercare nei vini, frutto del territorio, una loro “sfericità” senza spigoli. Questo per me è equilibrio, questo il concetto che, come libero professionista porto ora avanti.
… ma è un elemento importante che del vino stesso fa parte. Anche se, anche qui, l’equilibrio è fondamentale.
Una lunga esperienza professionale nel Collio. Che cosa ricorda di quegli anni?
Ricordo un progetto, che poi è stato un vero e proprio percorso enologico focalizzato su un vitigno che adoravo, e tutt’ora adoro, il Sauvignon. Mi è piaciuto proporre questo vitigno verso gli anni ‘90 quando non c’erano ancora i Sauvignon attuali. Questo percorso era volto a portare un equilibrio tra la parte olfattiva di questo vitigno, evidentissima, e la parte strutturale, quella di bocca, che emerge dall’influenza del terroir friulano; un equilibrio, come amo sottolineare, spostato verso alto, un equilibrio di valori.
Il tema dell’equilibrio è ricorrente nella sua visione enoica…
Quello che mi è sempre piaciuto è cercare nei vini, frutto del territorio, una loro “sfericità” senza spigoli. Questo per me è equilibrio, questo il concetto che, come libero professionista porto ora avanti.
Oggi è un libero professionista.
Oggi intraprendo il mio lavoro con una libertà mentale professionale nuova, molto più ampia, anche se, ammetto, la libera professione può apparire di questi tempi una scelta impegnativa… Una scelta però foriera di un rinnovato e autentico entusiasmo, che nasce dalla possibilità di ampliare i miei orizzonti professionali lavorando per più aziende, non solo friulane, ma venete, sarde, campane…
Nuovi terroir…
Le problematiche che mi trovo ad affrontare, lavorando in terroir diversi, sono esse pure leggermente diverse, ma non così lontane da quelle che già ho vissuto, metabolizzato, superato. Il terroir friulano, straordinario e complesso, è stato un’eccezionale palestra professionale. Il bagaglio di conoscenze e di esperienze che mi ha permesso di maturare, lo porto oggi con me, a disposizione delle nuove occasioni di lavoro; porto con me il mio stile del far vino, nel segno dell’equilibrio, del rispetto del territorio, della massimizzazione della proposta naturale. Coniugare queste diversità che incontro con uno stile personale rappresenta la chiusura di un cerchio.
Uno stile, il suo, che la critica esalta e riconosce!
Durante il mio percorso lavorativo, diversi sono stati i riconoscimenti della critica. Tappe fondamentali di una professione, una sorta di cartina tornasole del proprio operato. C’è stato il premio “Vino bianco dell’anno” con la Guida “Vini d’Italia” del Gambero Rosso e nel 2006, sempre con la stessa guida, il riconoscimento come Enologo dell’anno.
Nel 2012 la consacrazione all’Oscar del Vino.
Miglior enologo d’Italia…
Quando mi è stato consegnato il titolo a Roma, l’emozione è stata intensissima, incalcolabile! Un traguardo professionale che mi ha regalato un’energia incredibile.
Resta ancora un sogno nel cassetto?
Continuare a produrre vini nei quali ho sempre creduto, vini di grande equilibrio, equilibrio che cambia di anno in anno. La diversità tra un’annata e l’altra in un percorso enologico è fondamentale: riconoscere in una verticale del medesimo vino, la “stessa mano”, lo stile dell’enologo che l’ha prodotto, è sicuramente una gratificazione importante! Per questo ogni anno è per me un intrigante inizio: azzerare per comprendere appieno il messaggio che la natura, il terroir è pronto a suggerirti. Questo messaggio vorrei portarlo in altre regioni d’Italia, magari all’estero in territori che conosco meno, sarebbe interessante raccogliere questa nuova sfida…
Dal punto di vista agronomico come si concilia questo pensiero?
I percorsi naturali, per loro definizione, sono nel DNA dell’uva, della pianta. Si tratta di capire quale sia l’intervento tecnico più in armonia con il messaggio naturale, quello che dà alla pianta la possibilità di reagire, senza peraltro essere invasivo. Irrigare, defoliare, produrre più o meno uva, impiantare su un versante piuttosto che un altro, sono alcuni dei molti elementi che l’uomo ha a disposizione per interpretare al meglio questo messaggio naturale e dare l’opportunità alla pianta di massimizzare la sua proposta agronomica prima, enologica poi.
Uno sguardo, infine, ai vini friulani.
La qualità dei nostri vini è ormai consolidata, il vino friulano è ben equilibrato, strutturato, nel contempo profumato e caratterizzato da una pronunciata territorialità. Questo è un punto di partenza fondamentale e non credo che nei prossimi anni ci saranno importanti cambiamenti. Qualcuno potrebbe proporre delle novità enologiche, come è avvenuto negli ultimi anni con dei vini macerati, ma niente più, la definizione di vino friulano è ormai ben chiara a tutti, o quasi…
Che cosa intende?
Quello che manca, forse, è la riconoscibilità a livello internazionale. Fondamentale sarà quindi una comunicazione più decisa. Purtroppo la marginalità geografica di questa nostra terra non aiuta a questo fine, nemmeno aiutano le molte barriere burocratiche che si frappongono in tal senso… La voglia di emergere e farsi conoscere però non manca!
«Capire il vino è una fase del processo di trasformazione che, a un certo punto, ha termine; il tecnico non deve andar oltre le potenzialità dell’uva che coltiva, forzando e storpiando la natura. Io non ho mai voluto eccedere, forzare, deviare da quel processo naturale; anche a costo di lasciare piccole spigolature nel vino»
Oggi intraprendo il mio lavoro con una libertà mentale professionale nuova, molto più ampia, anche se, ammetto, la libera professione può apparire di questi tempi una scelta impegnativa… Una scelta però foriera di un rinnovato e autentico entusiasmo, che nasce dalla possibilità di ampliare i miei orizzonti professionali lavorando per più aziende, non solo friulane, ma venete, sarde, campane…
Nuovi terroir…
Le problematiche che mi trovo ad affrontare, lavorando in terroir diversi, sono esse pure leggermente diverse, ma non così lontane da quelle che già ho vissuto, metabolizzato, superato. Il terroir friulano, straordinario e complesso, è stato un’eccezionale palestra professionale. Il bagaglio di conoscenze e di esperienze che mi ha permesso di maturare, lo porto oggi con me, a disposizione delle nuove occasioni di lavoro; porto con me il mio stile del far vino, nel segno dell’equilibrio, del rispetto del territorio, della massimizzazione della proposta naturale. Coniugare queste diversità che incontro con uno stile personale rappresenta la chiusura di un cerchio.
Uno stile, il suo, che la critica esalta e riconosce!
Durante il mio percorso lavorativo, diversi sono stati i riconoscimenti della critica. Tappe fondamentali di una professione, una sorta di cartina tornasole del proprio operato. C’è stato il premio “Vino bianco dell’anno” con la Guida “Vini d’Italia” del Gambero Rosso e nel 2006, sempre con la stessa guida, il riconoscimento come Enologo dell’anno.
Nel 2012 la consacrazione all’Oscar del Vino.
Miglior enologo d’Italia…
Quando mi è stato consegnato il titolo a Roma, l’emozione è stata intensissima, incalcolabile! Un traguardo professionale che mi ha regalato un’energia incredibile.
Resta ancora un sogno nel cassetto?
Continuare a produrre vini nei quali ho sempre creduto, vini di grande equilibrio, equilibrio che cambia di anno in anno. La diversità tra un’annata e l’altra in un percorso enologico è fondamentale: riconoscere in una verticale del medesimo vino, la “stessa mano”, lo stile dell’enologo che l’ha prodotto, è sicuramente una gratificazione importante! Per questo ogni anno è per me un intrigante inizio: azzerare per comprendere appieno il messaggio che la natura, il terroir è pronto a suggerirti. Questo messaggio vorrei portarlo in altre regioni d’Italia, magari all’estero in territori che conosco meno, sarebbe interessante raccogliere questa nuova sfida…
Dal punto di vista agronomico come si concilia questo pensiero?
I percorsi naturali, per loro definizione, sono nel DNA dell’uva, della pianta. Si tratta di capire quale sia l’intervento tecnico più in armonia con il messaggio naturale, quello che dà alla pianta la possibilità di reagire, senza peraltro essere invasivo. Irrigare, defoliare, produrre più o meno uva, impiantare su un versante piuttosto che un altro, sono alcuni dei molti elementi che l’uomo ha a disposizione per interpretare al meglio questo messaggio naturale e dare l’opportunità alla pianta di massimizzare la sua proposta agronomica prima, enologica poi.
Uno sguardo, infine, ai vini friulani.
La qualità dei nostri vini è ormai consolidata, il vino friulano è ben equilibrato, strutturato, nel contempo profumato e caratterizzato da una pronunciata territorialità. Questo è un punto di partenza fondamentale e non credo che nei prossimi anni ci saranno importanti cambiamenti. Qualcuno potrebbe proporre delle novità enologiche, come è avvenuto negli ultimi anni con dei vini macerati, ma niente più, la definizione di vino friulano è ormai ben chiara a tutti, o quasi…
Che cosa intende?
Quello che manca, forse, è la riconoscibilità a livello internazionale. Fondamentale sarà quindi una comunicazione più decisa. Purtroppo la marginalità geografica di questa nostra terra non aiuta a questo fine, nemmeno aiutano le molte barriere burocratiche che si frappongono in tal senso… La voglia di emergere e farsi conoscere però non manca!
«Capire il vino è una fase del processo di trasformazione che, a un certo punto, ha termine; il tecnico non deve andar oltre le potenzialità dell’uva che coltiva, forzando e storpiando la natura. Io non ho mai voluto eccedere, forzare, deviare da quel processo naturale; anche a costo di lasciare piccole spigolature nel vino»
Imbottigliamento 3 aprile 2013
Tocai e Friulano
Un racconto di civiltà del vino
A cura di Enos Costantini
Ersa / Forum Edizioni
anno 2013
formato cm 22,5x28,5
pagine 456
immagini ill. col.
Pg 310
IL TOCAI E IL SUO ‘TERROIR’
Gianni Menotti
Parlare del Tocai e del suo radicamento nel territorio friulano è come parlare del nostro quotidiano, di qualcosa che ci appartiene e che fa parte di noi friulani, in una forma indissolubile. Quella che segue è forse una descrizione di cosa significhi terroir per il Tocai in Friuli e di come questo vitigno si compenetri simbioticamente con il nostro territorio.
Ci ha accompagnato nella nostra vita enogastronomica friulana regalandoci piaceri organolettici che andavano dalle osterie, alle sagre e, poi, alle trattorie, fino ai ristoranti più importanti. A fatica, come la gente di queste terre, è riuscito prima a passare i confini della nostra regione, poi, anche quelli nazionali, spingendosi, infine, dall'America al Giappone.
Ma torniamo al terroir: letteralmente, significa quell'insieme di fattori che vanno dall'ambiente alle tecniche di coltivazione, sino alla protezione delle Denominazioni di Origine. Si tratta, quindi, di comprendere le relazioni che la pianta di Tocai friulano ha con l'ambiente dove cresce, in relazione alle produzioni di uve e quindi, di vino di qualità nell'organizzazione spaziale a 360°. Per questo, prima di tutto, ci vuole un certo periodo di affrancamento nel territorio e, mi pare, che qui ci siamo!
La storia narra che le prime coltivazioni di Tocai in Friuli risalgono al 1630!
È chiaro che quella del Tocai friulano ha seguito i tempi della storia vissuta, per cui, fino a quando non c'è stata una presa di coscienza che il vino che ne derivava fosse di interesse enologico, la coltivazione è rimasta praticamente statica, forse un po' 'provinciale', senza esprimere il suo vero potenziale qualitativo.
Tutto cambia quando la vinificazione inizia a produrre, grazie alle innovative tecniche enologiche, un vino più 'moderno'. Anche la percezione della qualità cambia nel tempo, fino ad arrivare ai giorni nostri, quando il Tocai friulano raggiunge obiettivi enologici e, quindi, organolettici di elevato interesse, definiti e riconoscibili. Esasperando i concetti di qualità si evidenziano anche i siti produttivi; e qui il terroir diventa estremamente importante. Troviamo, pertanto, dei Tocai friulano che si esaltano nella struttura e, in questo caso, l'ambiente ideale si definisce nel Collio, oppure che si esprimono con particolari e composite nuance olfattive, come nei Colli Orientali o nell'Isonzo, oppure ancora che si manifestano in forme intermedie, forse meno estreme ma sempre molto piacevoli, come nei terreni pianeggianti delle Grave. Insomma ce n'è per tutti i gusti e tutti possono trovare la soddisfazione organolettica differenziata nelle varie zone di coltivazione, ma unita da una matrice comune, che il Tocai riesce a dare in terra friulana: quel vino dove il colore giallo, più o meno paglierino, si accompagna a riflessi verdognoli, dove i sentori di mandorla si fondono a quelli di albicocca, dove l'acidità contenuta esalta la larghezza in bocca. Il Tocai ha una buona facilità di beva ma regala, all'esperto degustatore, sensazioni straordinariamente complesse e delicate e, qualche volta, anche soavemente 'ruspanti'.
È forse questa poliedricità che, all'inizio della sua avventura fuori regione e, poi, all'estero, non ha trovato consensi unanimi. Poi, l'agronomia e l'enologia sono riuscite a modellare in forme sintoniche quelle distonie di gioventù.
La svolta verso l'assoluto equilibrio credo sia avvenuta quando, ahimè, ha dovuto cambiar nome. È stata come una rivincita che l'agronomo, l'enologo ma, soprattutto, il Tocai stesso ha voluto per esprimere esasperando positivamente tutte le potenzialità del vitigno. Le produzioni che una volta erano particolarmente generose si sono abbassate, scoprendo che la quantità non era il suo punto forte, ma che doveva necessariamente concentrare in meno uva per pianta le sue peculiarità produttive; ed è così che è diventato un vino più equilibrato, molto più rotondo, ma anche più complesso, e di questo tutti se ne sono accorti, a cominciare da noi Friulani, per arrivare successivamente ad una conferma internazionale. Nella sua raggiunta piacevolezza e riconoscibilità nel circuito enologico mondiale ha comunque mantenuto le proprie radici friulane. In questo processo, fondamentale è stata anche l'opportunità di 'vivere nel tempo', potendo esprimersi in maniera ineccepibile anche dopo dieci o più anni. In tutta questa sua evoluzione 'caratteriale' il terroir è diventato l'elemento che ha fatto del Tocai un vino.
Ersa / Forum Edizioni 2013