Ritorno in Francia con l’entusiasmo di un giovane enologo che vuole ampliare le sue conoscenze e carpire i segreti dai ”maestri” perché c’è sempre da imparare.
Stavolta mi sono recato a Bordeaux ed in particolare a Saint Emillon e Pomerol dove il merlot, che adoro, struttura tutte le cuvée prodotte in questo che è il più grande vigneto DOC di Francia.
Si, perché il merlot, come in Friuli, è un vitigno di grandi risorse enologiche e confrontarlo con quello prodotto nella sua zona d’origine mi induce a cercare tutte le sue innegabili potenzialità ma soprattutto le sue prerogative di eleganza e potenza.
In Francia ti accorgi che il segreto sta sempre nel territorio o nel terroir, come dicono i Francesi, una parola magica che raccoglie in sé una serie di elementi che caratterizzano un vino.
Dalle degustazione fatte in diversi ed importanti Château emerge la sontuosità e l’eleganza del merlot ed in queste due parole trovo un po’ la mia storia di fare vino, quello che sempre vado cercando quando voglio l’esaltazione di un vitigno.
Nelle visite emerge anche il rispetto che i vignerons francesi hanno per il loro territorio e per il loro lavoro: non ci sono produttori più o meno bravi, ma l’insieme che ha creato nel tempo l’indiscusso mito francese.
Questo per me è la Francia, il terroir per eccellenza, ma non per questo irraggiungibile nella qualità!
L’Italia può vantare più zone vocate alla viticoltura e vini di assoluto valore enologico.
Crediamoci un po’ di più!
Nel luglio 2017 ho visitato, assieme ad altri colleghi, alcune aree viticole del Portogallo.
Come la Spagna, il territorio è decisamente vocato alla produzione dei vini rossi (85% della produzione vinicola); poche precipitazioni e concentrate in autunno-inverno e clima decisamente caldo favoriscono la completa maturazione della bacca rossa. I vitigni di riferimento sono il Touriga national, il Tinta Roriz ed altri. L’albarinho, il loureiro ecc. sono invece quelli bianchi. Per questi ultimi le esigenze climatiche impongono la produzione di vini freschi , raccolti anticipatamente con buone acidità, tendenzialmente leggeri ma adatti alle attuali esigenze del mercato. La loro produzione è comunque limitata al 15% di quella totale per cui si capisce perfettamente che lo sforzo principale si concentri sui vitigni a bacca rossa. La mia visita, che prevedeva anche una sosta per visitare stabilimenti per la lavorazione del sughero e una decortica in foresta, si è concentrata nella valle del Douro, famosa per la produzione del vino Porto che vive di una storia plurisecolare, forse un pò turistica. Qui questo vino “irrobustito” si propone in varie forme che vanno dal Porto bianco, il Tawny, il PinK, il Ruby, il Colheita, l’LBV e il Vintage a seconda delle uve, dell’invecchiamento o della vendemmia.
Il mio interesse però si è concentrato sulla produzione dei vini rossi, specialmente su quelli importanti, da lungo invecchiamento. Questo è l’obiettivo che diverse aziende perseguono dopo che la produzione del Porto si è ormai stabilizzata; crescono quindi gli sforzi, ma anche le vendite, per produrre del vino rosso dalle uve del Porto senza seguire le procedure di fortificazione che questo necessita.
Organoletticamente ho notato che questi ”nuovi vini rossi”, che poi sono molto simili a quelli dei cugini spagnoli, sono molto eleganti, senza sensazioni si surmaturazione, con una concentrazione molto equilibrata ed una chiusura finale morbida senza secchezza tannica.
Posso dire quindi che la valle del Douro, dopo la produzione del Porto, è un pò la continuazione della valle del Duero Spagnolo, con alcuni vitigni diversi, ma simile nella proposta enologica finale sicuramente piacevole e, con vitigni autoctoni, di grande respiro internazionale.

Recentemente ho visitato due zone della Spagna: la Ribera del Duero e la Rueda, la prima per i grandi rossi a base di Tempranillo e la seconda per alcuni bianchi tra i quali Verdejo e Sauvignon. Non c'è dubbio che la Spagna stia risorgendo molto bene dalla crisi economica che ci ha coinvolto un po' tutti, e naturalmente anche il comparto vitivinicolo non è sfuggito a questa rinascita. La viticoltura che si pratica in queste zone è simile a quella italiana con grande prevalenza di guyot e cordone speronato. Ci sono comunque diversi casi di alberello prevalentemente in Ribera e quindi con le varietà rosse.
L'enologia è particolarmente sviluppata con Cantine tecnologicamente molto avanzate, dove la qualità viene perseguita fin dai minimi particolari, con selezioni delle uve già in fase di pigiatura e successive vinificazioni con sistemi automatici di ultima generazione.
Degustando i vini rossi della Ribera ho trovato molta pienezza e di gradazione alcolica tendenzialmente elevata ma parlando con i tecnici locali c'è la volontà di ridurre il più possibile la concentrazione zuccherina con tecniche che prevedono di aumentare la maturità fenolica prima di quella tecnologica. Il Tempranillo è ormai il vino di riferimento e trova senza dubbio un terroir adatto a questo importante vitigno. I bianchi della Rueda sono molto profumati con gradazioni più basse dei rossi precedenti e quindi con strutture non sostenute. La componente aromatica viene ricercata e si esprime con sfumature molto varietali. Anche qui la tecnologia molto avanzata ha apportato un importante contributo alla qualità dei vini.
Concludendo posso dire che la Spagna, terzo produttore modiale in termini di quantità, si sta sempre più proponendo al palcoscenico mondiale con vini attualissimi e di personalità territoriale.

Sono stato recentemente in Cina per visitare le zone vinicole locali ritenute tra quelle più vocale alla qualità, in particolare la zona di Ningxia. Ebbene devo dire che sono rimasto sorpreso dalla tecnologia utilizzata e dagli investimenti in corso. Ho notato anche una grande influenza del pensiero francese che, come spesso accade, ha preceduto tutti gli altri. Il clima è decisamente continentale con estati caldissime ed inverni rigidissimi dove peraltro le piante vengono coperte con la terra e scoperte all'inizio di primavera.
Il terreno è limoso sabbioso e deve essere irrigato durante l'estate altrimenti la scarsezza di piogge comprometterebbe la produzione. Si coltiva prevalentemente Cabernet Sauvignon che raggiunge una buona maturità in tempi relativamente brevi raccorciando il ciclo produttivo. Questo però potrebbe essere un limite per la maturità fenolica. C'è anche del Merlot, Shyrah e tra i bianchi dello Chardonnay.
Come dicevo non c'è limite agli investimenti tecnologici, peraltro in gran parte di provenienza italiana, con risorse economiche che sembrano decisamente elevate.
Alla degustazione i vini si presentano interessanti con gradazioni elevate ma forse con qualche limite nell'equilibrio generale dovuto, come dicevo, al raccorciamento del ciclo vegetativo per motivi climatici.
In sostanza quindi ho trovato una realtà che non mi aspettavo ma che sarà sicuramente sempre più importante nel prossimo futuro anche perché li tutto cresce in fretta e per fortuna anche la conoscenza e la percezione della qualità del vino, cosa che favorirà sicuramente anche l'importazione dei nostri vini in un mercato in ascesa e di incredibile potenzialità.