Maria Luisa Doldi




Nato e cresciuto in Friuli, anche professionalmente, Gianni Menotti è ora L'enologo di diverse cantine sparse sul territorio nazionale.

Le esperienze vissute durante, l'infanzia lasciano tracce nella vita adulta: è vero per tutti, ma per qualcuno lo è di più. Gianni Menotti è nato e cresciuto tra vigneti del Friuli. Suo padre faceva il viticoltore ed enologo e lui, il figlio, è agronomo ed enologo. Non solo. Lui è un enologo particolare. È l'enologo nato dando voce ai terroir e ai vitigni della sua terra - il Friuli - da cui ha poi spiccato il volo verso altri territori.

Quali elementi della sua infanzia e giovinezza, in particolare, l'hanno portata alla sua attuale professione?
"Sicuramente la tradizione famigliare. Mio padre ha sempre fatto questo lavoro e io sono cresciuto nel mondo delle viti e del vino. Sin da piccolo ho vissuto con i ritmi della natura, ne ho respirato i profumi e il loro variare con le stagioni. Quello che allora mi ha coinvolto emotivamente, mi ha poi ispirato nelle scelte della vita adulta".

Cosa significa svolgere la professione di enologo da libero professionista?
"Fino a 5 anni fa ero legato ad una cantina del Collio, con la quale ho lavorato per vent'anni. Ora invece seguo la produzione di più cantine, senza essere legato ad una sola. Sono soddisfatto della scelta che ho fatto perché mi offre l'opportunità di ampliare i miei orizzonti professionali, oltre che spaziare contemporaneamente su più territori. Mi permette di vedere la realtà vitivinicola della mia regione a 360 gradi, oltre che di andare a conoscere altre regioni".

La parola alla Natura

In genere si crea un'intima relazione tra un enologo e la sua cantina. Cambia l'enologo, cambiano i vini. Nel caso di Gianni Menotti, invece, abbiamo un enologo e tante cantine. Si potrebbe pensare all'esistenza di un comune denominatore tra i vini prodotti sotto la sua firma. Ma Gianni Menotti tiene a sottolineare che la mano dell'enologo non deve mai prevaricare quanto racconta la natura nel vino: "È la natura che crea il prodotto, lo caratterizza, lo differenzia da altri. Alla natura bisogna lasciar firmare il vino".

E all'enologo quale ruolo?
"L'enologo deve ascoltare quello che la vite, il suolo, il clima hanno da narrargli. La narrazione avviene attraverso l'uva prima e poi il vino e questa storia deve essere portata nel bicchiere per essere raccontata a tutti, ma senza influenzarla, senza modificarla o interpretarla. Il racconto dell'enologo deve essere fedele a ciò che gli narra la natura. Questa per me è la chiave per un grande vino: il rispetto del territorio che si racconta attraverso la vite, l'uva, il vino".

Ma anche Gianni Menotti lascerà pur qualche traccia di sé nei vini che narra...
"Come ogni opera umana, anche il vino porta i segni di chi lo ha accompagnato nel suo divenire. A me il vino porta la narrazione della natura e io cerco di tradurre nel bicchiere il vitigno con la massima trasparenza e fedeltà possibili, creando un vino che sia pulito da alterazioni tecnicistiche di ogni tipo. Per fare ciò utilizzo le mie competenze tecniche e teoriche acquisite in questi anni, che sono la mia personale storia professionale. Se, applicando queste competenze a quanto mi dà la natura, riesco a portare nel bicchiere un vino non solo pulito ma sferico, privo di asperità, elegante, allora ho fatto un vino che mi soddisfa e mi appartiene, un vino ricco di storia e in grado di regalare emozioni".

Con occhi e piedi

Per narrare un territorio bisogna conoscerlo. E non basta esserci cresciuto; bisogna saperci entrare in dialogo profondo, impararne il linguaggio per poi veramente essere in grado di tradurlo nel bicchiere.

Come entrare in dialogo con un territorio nuovo?
"La conoscenza del territorio si fa innanzitutto con occhi e piedi: bisogna osservare il territorio e passarci attraverso. Se ne osserva l'orografia, le caratteristiche geologiche e agronomiche, la struttura del suolo e l'esposizione, quali metodi di coltivazione vi sono diffusi. Poi si cerca di conoscere quanto il territorio produce, attraverso l'analisi dei suoi vitigni e dei rispettivi vini. E tutto questo mi porta a poco a poco a comprenderne il linguaggio. Quando ho questi elementi, ho già tante informazioni che mi aiutano a comprendere passo a passo il linguaggio del territorio sul quale io mi innesto, il più neutralmente possibile. Adotto questo metodo, che mi permette cii capire tutte le estensioni ed espressioni del territorio, dovunque io sia, dal Friuli alla Sardegna. Il metodo è lo stesso, è il territorio che cambia. E con esso la risposta del vitigno. E la varietà di linguaggi è enorme. Spesso anche territori molto vicini danno risposte completamente diverse".

Che ruolo svolge l'enologo in vigneto?
"lo sono anche agronomo. Per me dunque il vigneto è un habitat naturale. Conosco le tecniche di coltivazione, so leggere la salute delle piante e del suolo, ne conosco gli elementi di biodiversità. Avere gli strumenti per leggere lo stato di salute del vigneto è per me un elemento fondamentale ed è una buona partenza per arrivare a fare un buon vino. Non posso pensare di fare un vino di alta qualità senza un vigneto che sia in ottime condizioni".

A proposito di vigneto, si parla tanto di cambiamento climatico. Voi, che vivete il vigneto ogni giorno, vi accorgete di qualche cambiamento?
"Assolutamente sì. Salvo lo scorso, gli ultimi anni sono stati decisamente caldi. Le viti sono piante molto plastiche, con grosse potenzialità di adattamento e quindi reagiscono in fretta e sensibilmente a cambiamenti del loro habitat naturale. Ma certamente vanno aiutate per poter far sì che continuino a produrre buone uve. Ad esempio bisogna intervenire regolando diversamente l'apparato fogliare o le tecniche colturali; bisogna riconsiderare la distribuzione delle foglie e dei grappoli per migliorarne la resa in funzione del clima; bisogna adeguare gli assetti in vigneto. Ma in questo ci viene in aiuto la ricerca applicata. Per un produttore il dialogo con la ricerca è fondamentale. Interfacciarsi con le Università è fondamentale per favorire il passaggio di competenze in un mondo che cambia. Un buon vino è frutto non solo di lunga competenza pratica, ma anche cii solide basi teoriche, sempre al passo con i tempi". Tradizione e innovazione, insomma...

"Questo è il fascino della vitivinicoltura: è un'arte antica quasi come l'uomo; il vino narra una storia millenaria, è un frutto di ere geologiche, ma prodotto con tecnologie moderne. Sì, una fusione equilibrata di moderno e antico, tradizione e innovazione".

In simbiosi

Passare tante ore in vigneto o in cantina può talora voler dire solitudine, ma una solitudine proficua, che porta ad ascoltare i ritmi della natura e ad armonizzarsi con essi. E allora diventa chiaro che rispettare la natura, il territorio e i suoi prodotti significa anche rispettare se stessi. "Siamo parte della natura sin da quando siamo apparsi su questa terra e rispettarla significa rispettare in primis se stessi", Verissimo, dottor Menotti, e se tutti la pensassero così, avremmo un paio di problemi ambientali in meno! "Una viticoltura di qualità rispetta il territorio, non lo sfrutta, ma crea con esso una collaborazione, perché sa che è dal territorio che essa trae la sua vera e prima qualità. Ritengo, comunque, che in Italia ci sia questa attenzione da parte di chi fa vini di alta qualità". Un buon enologo e un buon agronomo sono perfettamente consapevoli di questa simbiosi che si viene a creare. Se il territorio sta male, il vino non sarà mai buono.

Punti di vista

Quando Gianni Menotti racconta del suo lavoro, dalle sue parole e dal suo modo di raccontare scaturisce un forte entusiasmo. È l'entusiasmo che deriva dal sapere di poter regalare qualcosa alle persone: "Per un tecnico del vino l'importante è alzarsi alla mattina e aver voglia di poter dare un contributo nuovo all'enologia. Il contributo che deriva dalla grande passione per il proprio lavoro e dal sapere di poter regalare nuove emozioni e magie alle persone che assaggeranno i frutti di tale lavoro. Bisogna avere grande passione per il proprio lavoro perché solo questo porterà a risultati belli, a che la gente beva sempre meglio. Il lavoro è sicuramente una forma di appagamento personale, ma i risultati soddisferanno molte altre persone. E anche questo mi dà grande energia, grande entusiasmo e molta soddisfazione".

BREVE RITRATTO DI GIANNI MENOTTI Enologo e laureato in Scienze Agrarie all’Università di Padova con titolo di Agronomo. Gianni Menotti collabora con importanti realtà vitivinicole del Friuli e di altre regioni italiane. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi primi e riconoscimenti, tra cui il Vino bianco dell’anno nel 2002 ed Enologo dell’anno per la Guida d'ltalia del Gambero Rosso nel 2006. Nel 2012 è stato premiato al Premio Internazionale del Vino 2012 con l’Oscar del vino come miglior enologo dell’anno.

 

VQ n°5 Settembre 2015