Patrizia Pittia




L’appuntamento con Gianni Menotti è all’azienda Castelvecchio di Sagrado dove collabora da circa 2 anni e dove sono stata di recente per una visita in cantina. Quel giorno me l’aveva promesso che avrei potuto intervistarlo, così  oggi – che sono davanti a lui nel suo studio – c’è un po’ di emozione. Ma lui, sempre  molto cordiale, ci mette a poco a farmi sentire a mio agio. Sono pronta (anche lui) al fuoco di fila di domande.

Quali sono le tue origini e la tua formazione professionale?
Sono nato a Sagrado – guarda caso  proprio qui vicino-  un po’ di anni  fa ma mentalmente mi sento ancora molto giovane. Mio padre lavorava in un’ azienda vinicola. Dopo il liceo a Gorizia ho proseguito gli studi universitari in Agraria a Padova: mi sono laureato agronomo e poi enologo.

Come è nato l’amore per l’enologia e il mondo del vino?
L’amore per qualsiasi cosa nasce perché ti piace. Fin da piccolo  andavo con mio padre in vigna, mi divertivo a correre tra i filari con la bicicletta, aiutavo a vendemmiare, assistevo alla vinificazione, assaggiavo i primi mosti, mangiavo con gli operai, sentivo quell’atmosfera soft e rilassante. Ero molto coinvolto. Così il passaggio successivo è stato una cosa naturale.

Ora sei un consulente affermato: vuoi parlarci della tua lunga esperienza precedente?
Appena laureato ho seguito la parte commerciale  relativa alla vendita di macchine  sofisticate per l’enologia: sono arrivato a Villa Russiz nel 1988  dove mio padre ha lavorato come direttore per ben 35 anni. Un’esperienza straordinaria, importante: mi ha dato la possibilità di esprimere me stesso in una terra vocata come Il Collio Goriziano, dal microclima e dal terroir perfetto, che mi ha portato a creare dei vini di altissimo livello. E’ stato facile ma allo stesso tempo difficile perché in quel periodo molti erano bravi e io ho sempre cercato di distinguermi nel fare qualcosa di particolare: il mio obiettivo era – ed è tuttora che faccio il consulente – la ricerca della massima qualità legata a fattori come equilibrio, freschezza, finezza ed eleganza.

Oltre  a Castelvecchio so che collabori con diverse aziende. Solo in Friuli?
Lavoro principalmente in Friuli, nei Colli Orientali con l’azienda Scubla, nel Collio con la storica azienda Castello di Spessa, poi con un’azienda nelle Grave e  in Veneto nella zona di Pramaggiore dove ho avuto già dei riconoscimenti. Collaboro anche in Sardegna, dove preparo il Vermentino di Gallura, e con una interessante azienda della provincia di Avellino.

La  tua filosofia di lavoro è…
… per me, ottenere la grande eleganza del vino che deve essere equilibrato e mai spigoloso, bensì sferico: nel  calice deve esprimere le caratteristiche del territorio e la mia mano. A questo proposito, i  vini da vitigni autoctoni del nostro territorio sono i più rappresentativi,  ma non possiamo dimenticare gli internazionali che sono qui consacrati da più di 150 anni. Io non vedo questa differenza fra autoctoni e non. Il Friuli è una regione vocatissima per esprimere vini locali e internazionali, piacevoli per noi ma anche per il mondo intero, ricchi di finezza e struttura allo stesso tempo. 

Quali sono i vitigni che ami? Qualcuno lo immagino…
Per i bianchi il mio vecchio amore: il Sauvignon. Il nuovo amore è la Malvasia Istriana, un vitigno di grandi potenzialità. Per i rossi, il Merlot che mi ha dato tante soddisfazioni, ma anche il Cabernet Sauvignon mentre sto imparando ad apprezzare il Refosco dal peduncolo rosso.

Il vino si fa in vigna o in cantina?
Il vino si fa in vigna: se l’uva non è perfetta non si possono fare grandi vini.  Se in cantina sbagli,  rischi di buttare il vino. Il percorso deve rispettare tutte le fasi a cominciare dalla vigna.

Qual è il tuo pensiero sui vini certificati biologici, biodinamici e i vini macerati? So che è una domandona…
Io rispetto qualsiasi forma di filosofia, idee e percorsi personali. Sono percorsi enologici trasversali da rispettare: il tempo dirà se questo è giusto o magari dovrà essere rivisitato. Dovremo attendere nuove conferme.

Quando degusti un tuo vino riesci ad essere oggettivamente critico?
Enormemente critico: i miei vini mi rappresentano, sono una mia creazione e non sopporto che possa essere discussa: Sto male se un vino non mi convince e non lo faccio uscire sul mercato.

Che rapporto hai con i tuoi colleghi?
Di grande rispetto. Con i colleghi mi confronto molto spesso, a volte non condivido ma seguo le loro filosofie ed è fondamentale scambiarsi i pareri.

Quale sarà il vino del futuro?
Bella domanda! Non so se ci sarà un vino del futuro. I grandi vini rossi di tanti anni fa, che mi capita di assaggiare, sono ancora molto attuali. il concetto di bellezza e bontà è difficile da definire nel tempo. L’uva nasce cosi, l’enologo la trasforma, non può stravolgerla: potrebbe esserci uno spostamento di varietà, non di qualità.

Qual è il tuo giudizio sui social network? Che ruolo hanno, secondo te, nell’orientamento dell’ acquisto dei vini? 
Non mi ritengo una persona mediatica: uso l’iPhone che mi aiuta molto nel lavoro, non frequento facebook ne twitter. Sono sicuro che potrebbero servire, ma la mia personalità  ancora non è pronta per questi social (peccato Gianni, non sai cosa ti perdi. Te lo dice una che fino a 4 mesi fa non aveva nessun tipo di contatto con i social e ora sta esagerando, ndr). Per le vendite  online qualcosa ci può essere, ma gli acquirenti vanno ancora alla ricerca dei negozietti e delle cantine, vogliono parlare: il vino è legato al territorio, all’agricoltura.

In che modo le diverse categorie di sommelier e degustatori dovrebbero comunicare il vino? Attento che ne faccio parte anch’io…
Tutte le categorie che parlano del vino sono da rispettare perché parlano del nostro e del mio lavoro. E’ importante la diffusione del messaggio. Non posso fare a meno di notare che, a volte, certe considerazioni sui vini sono completamente sballate: ci può stare pure questo!

Un difetto e un pregio di Gianni Menotti.
Nel lavoro ho un difetto che però potrebbe essere un pregio:  la ricerca maniacale della perfezione del dettaglio. Poi, sono una persona riservata che ha bisogno dei suoi spazi e dei suoi momenti sportivi (e si vede,dal fisico da ragazzino, ndr).

Parliamo dei tuoi premi: nel 2002 miglior vino bianco, nel 2006 enologo dell’anno per la guida del Gambero Rosso, nel 2012 l’Oscar del Vino di Bibenda come miglior enologo. Cosa ti  aspetti adesso?
Fare le cose che ho sempre fatto. I premi sono arrivati perché ho fatto sempre il mio lavoro con passione, esprimendo me stesso. I premi spero possano arrivare ancora, non so se ce ne sono altri a disposizione…. (sorride compiaciuto, ndr).  Per me conta fare godere la gente con il mio vino e … tutto quello che viene dopo mi va bene.

Quando devi festeggiare cosa bevi?
Nessun vino in particolare. Per un brindisi importante, sicuramente lo champagne che vanta 300 anni di storia. Però ripeto: tutti i vini mi emozionano.

Sarò banale, ma come  ultima domanda ti chiedo se hai un sogno nel cassetto…
Mantenere un’ottima salute psicofisica, stare bene con il mondo, vivere in un mondo migliore. La vita di relazione fondamentale: mi piace sorridere, detesto quando non sorrido, vuol dire che c’è qualcosa che non va. Vorrei un mondo pulito, tanta intelligenza dalle persone … perché farsi del male non ha senso.

L’intervista è terminata e il discorso si sposta inevitabilmente sui due figli di  Gianni. Quando inizia a parlare dei suoi amori, lo sguardo si illumina: per loro – come tutti i genitori – vorrebbe il futuro migliore, che si ricordino sempre del loro papà che tanto li ama. E’ un’emozione scoprire una persona, che in apparenza, può sembrare un po’ distaccata e invece è solo riservata e un po’  timida. Ti ringrazio davvero,  caro Gianni, di avermi dato la possibilità di intervistarti e scoprire degli aspetti della tua personalità lati che mai avrei immaginato. Ti auguro un futuro colmo di successi.

 

Wining.it 13 dicembre 2012