Luigi Russolo




Un conte francese, una nobildonna austriaca, galeotta una terra asburgica con l'orgoglio di essere italiana. Ecco gli ingredienti di un'azienda nata da un amore e che fa grandi vini per amore, ovvero per dare futuro e felicità a bambini sfortunati.

Una volta tanto raccontiamo di vini da uve internazionali, ma lo facciamo senza tradire la vocazione di Sapori d'Italia per la territorialità e la biodiversità. Intanto nel Collio i vitigni d'oltralpe, il Sauvignon soprattutto, da 140 anni hanno trovato una loro specificità e tipicità, si può dire che una terra speciale ha plasmato il vitigno. Poi parliamo di vigne nate da un francese a suggello dell'amore per una fanciulla austriaca e per una terra, guarda caso, italiana: in questa situazione l'internazionalità è una vocazione! Ma l'osservazione più interessante è il risultato: i vini di Villa Russiz non solo "sanno" di Collio, ma "sanno" di Villa Russiz, hanno una loro personalità maturata nel tempo e hanno segnato la storia di questa mezzaluna di giardini vitati. È proprio così, nella storia del Collio sono stati importanti gli Asburgo e i Savoia, gli eroismi degli Alpini e le alchimie dei diplomatici, ma pure Teodoro ed Elvine, scegliendo le vigne come quinta del loro amore, hanno condizionato, con le loro scelte e il loro esempio, il futuro del territorio. Tutto cominciò tre anni dopo la terza guerra d'indipendenza: il conte Teodoro de La Tour, francese romantico che amava viaggiare per l'Europa, in uno dei suoi viaggi incontrò una giovane e affascinante rampolla d'un nobile casato austriaco, Elvine Ritter, se ne innamorò e la sposò. I due colombi acquistarono un bel pezzo di terra nel Collio Goriziano dove decisero di trascorrere il resto della loro vita. Quelle terre appartenevano agli Asburgo e lo stile di vita degli abitanti era improntato a quell'austera disciplina mitteleuropea che tanto piaceva a Francesco Giuseppe. Ma erano colline che guardavano a Sud, all'Italia, ai zeffiri caldi che arrivavano dal mare Adriatico e si sentiva altrettanto forte la vicina civiltà e cultura italiana, ricca di idee nuove, fresche, esuberanti. La coppia si trovò quindi a vivere in un luogo che era cerniera fra la Mitteleuropa e il Mediterraneo, dove la nobiltà asburgica si stabiliva a "fine carriera" come oggi i benestanti meneghini svernano in Riviera e quelli di mezza Europa in Costa Azzurra. Si trovò in un irripetibile ambiente umano dove si univano in un curioso abbraccio la gioviale, spontanea, un po' gaudente cultura della Serenissima con quella rigorosa, tormentata, per molti versi avanguardista della Vienna di sempre. Ma il conte de La Tour era francese e non dimenticò d'esserlo. E il vino era tra i punti fermi della sua cultura atavica, così, da pioniere, visto che era possibile, volle trasformare la sua nuova proprietà quasi cento ettari in un giardino coltivato a filari di viti. Era l'anno 1869 quando decise di diventare vigna io lo, un anno da ricordare perché fu allora che nacque un'azienda vitivinicola pionieristica che resta ancor oggi uno dei gioielli dell'enologia italiana. Dapprima fece estirpare le vecchie varietà autoctone, mal curate e incapaci di produrre i vini richiesti in quegli anni in Europa, quindi adattò i terreni a una moderna viticoltura e fece arrivare dalla Francia i vitigni a quel tempo più apprezzati: il Pinot, il Sauvignon, il Cabernet, il Merlot, ecc. Intanto s'era costruito una dimora degna del suo rango e, soprattutto, realizzò una meravigliosa cantina a volte, completamente interrata, di assoluta avanguardia in regione e ancor oggi fiore all'occhiello di Villa Russiz. Con i nuovi vitigni, da autentico innovatore qual era, Teodoro importò dalla Francia anche delle nuove tecniche di vinificazione, ancora sconosciute in quell'area, ottenendo risultati di grande eccellenza e i suoi vini cominciarono a diffondersi in varie parti d'Italia e d'Europa raggiungendo le più importanti mense dei regnanti d'allora. Furono anni di intenso lavoro e di grandi soddisfazioni, con i vini che portavano orgogliosamente le insegne di "Villa Russiz" divenuti vere e proprie icone enologiche, per l'alta qualità del prodotto, frutto delle tecniche innovative, sia in campagna sia in cantina, introdotte con coraggio e lungimiranza dal conte Teodoro. Poi, dopo venticinque anni intensi, nel 1894 il conte francese passò a miglior vita, lasciando l'azienda alla moglie Elvine che ne continuò l'opera per alcuni anni. I tempi stavano cambiando e l'Europa era sconquassata da nuovi venti, forieri di guerra. Elvine de La Tour non aveva eredi cui lasciare la proprietà di Villa Russiz, e, avendo quanto bastava alla sua vecchiaia, decise di trasformare la florida azienda del Collio in un Ente Morale, che servisse, coi proventi della terra, a realizzare opere di bene. I primi amministratori del nuovo Ente, trovatisi a gestire una realtà del tutto originale, incontrarono molte difficoltà, anche perché la prima guerra mondiale aveva sconvolto il territorio, con la fine degli Asburgo e il passaggio della regione dall'Austria all'Italia. Dopo quella guerra, per le grandi difficoltà economiche dell'intero Paese, il FriuliVenezia Giulia si scoperse povero, tanto che andò crescendo il fenomeno dell'emigrazione, e fece presto ad arrivare l'altra guerra, ancora più lunga e terribile della precedente. Ma anche questa finì e, subito dopo, a partire dagli anni '50, l'azienda vitivinicola Villa Russiz, grazie ai nuovi responsabili amministrativi e soprattutto tecnici, conobbe una felice e fortunata rinascita che la videro in breve tempo riprendere il suo posto di leader nella produzione di vini in Friuli-Venezia Giulia.

ALLE ORIGINI DEI TRIONFI DEL COLLIO GORIZIANO
Chi oggi arriva a Villa Russiz resta incantato per la sua storia, la sua straordinaria modernità e per il fascino d'un territorio fra i più belli e suggestivi d'Italia. L'azienda è situata proprio nel cuore del Collio goriziano: il terreno è costituito da marne eoceniche quaternarie che rappresentano la miglior garanzia per una grande viticoltura, molto ricche di macro e microelementi e di una struttura di elevate caratteristiche agronomiche. L'aveva visto già negli anni '60 dell'Ottocento il conte de La Tour e, primo in regione, ne aveva capito le enormi potenzialità vitienologiche e, ancora per primo, vi aveva importato quei vitigni francesi oggi definiti "internazionali". Attualmente la superficie aziendale è di 94 ettari ripartiti tra vigneto (circa 35), seminativo, bosco, edifici rurali e centro aziendale. Accanto ai vitigni importati dal conte Teodoro, rinnovati nei cloni, l'azienda, nell'ammodernare e aggiornare il patrimonio viticolo, ha reimpiantato i più interessanti vitigni autoctoni, presenti nella DOC Collio: in particolare sono coltivati il Pinot grigio, il Pinot bianco, il Sauvignon, il Tocai friulano, la Ribolla gialla, il Riesling, la Malvasia istriana, lo Chardonnay, il Merlot, il Cabernet. La tecnica di allevamento della vite è quello classico del Collio e cioè il doppio capovolto (cappuccina) e negli ultimi anni sta prevalendo sempre più il guyot, che caratterizza gli ultimi reimpianti. Il numero dei ceppi a ettaro va dai 4.000 ai 6.000 per consentire di ridurre notevolmente la carica di gemme per pianta, favorendo quindi l'ottenimento di uve di grande concentrazione e c'è una particolarissima attenzione negli impianti dei nuovi vigneti che si collocano nelle migliori zone collinari dell'azienda, inseriti nell'ambiente circostante senza deturpare la flora autoctona esistente.

GIANNI MENOTTI, MOLTO PIÙ DI UN DIRETTORE
Conversando con Gianni Menotti, direttore di Villa Russiz, ci si rende conto che l'amore resta il leit motiv di questa azienda, seppure, stavolta, parliamo dell'amore per la terra e per l'uva, un amore che traspare evidente dall'impegno e dal modo così coinvolgente di affrontare il proprio ruolo di Gianni e dei suoi collaboratori: del resto è solo così che si ottengono vini di altissimo prestigio, richiesti nelle mense più importanti di tutto il mondo.
"Siamo nel Collio -ci dice Gianni Menotti - terra che il buon Dio sembra aver creata apposta per produrre grandi vini bianchi, ma anche eccellenti rossi. Siamo vicino al mare e alle montagne e le uve, nella fase di maturazione, beneficiano sia dei venti freschi notturni sia di quelli caldi che spirano da sud durante il giorno e questo mix favorisce l'ottenimento di un prodotto perfettamente bilanciato tra struttura e finezza olfattiva. Il resto lo fa il terreno, marnoso e arenario, che, unito a un'evaporazione ideale, chiude il cerchio dell'equilibrio, prima delle uve e poi del vino. Qui nel Collio si respira ancor oggi un'aria mitteleuropea, una sensazione unica che unisce i ricordi della storia che è stata vissuta a una vita moderna di lavoro ma anche di tranquillità, ideali per un soggiorno o per una visita. Questa è una terra molto bella, che conserva patrimoni paesaggistici, culturali e religiosi di grande fascino, immersi in una viticoltura di primissimo ordine e in cantine di assoluta bellezza e modernità."
Villa Russiz ha puntato decisamente sull'alta qualità: è una scelta che paga? Paga di più sul mercato italiano o su quello internazionale?
"La certezza di avere a disposizione qualcosa di unico e inimitabile -dice con orgoglio Menotti - dà la forza per guardare avanti con sicurezza nei propri mezzi. Sono convinto che il vino di qualità è apprezzato per la sua unicità e quindi il messaggio per il mercato è quello di far conoscere e capire questa nostra esclusività. Il mercato poi è globalizzato e quindi non farei molta distinzione tra quello italiano e internazionale e se sappiamo continuare sulla strada della qualità, legata al territorio, credo che non solo i nostri vini, ma anche quelli degli altri ottimi vignaioli del Friuli-Venezia Giulia, saranno sempre più apprezzati nel mondo anche se la comunicazione di questo messaggio deve e dovrà essere più coesa, tra noi produttori, nei confronti del mercato e soprattutto della stampa."

Sono ormai diversi lustri che Villa Russiz è al vertice con le stesse etichette e c'è chi si aspetta da un anno all'altro qualche novità: ma "squadra che vince..."
"I progetti sono sempre considerati nel processo di evoluzione di un tecnico e dell'azienda che rappresenta -ci conferma infatti Menotti - e confesso che molte volte penso di cambiare qualcosa. Usando una frase che mi sta molto a cuore dico che spesso pensiamo che sia importante rinnovarci e proporre magari vini nuovi ma ritengo che ci si possa rinnovare anche nella continuità interpretando al meglio le potenzialità di ogni singola annata".

Sei riuscito ad assaggiare il Sauvignon De la Tour?
Pare una domanda scema, eppure chi l'ha assaggiato può ritenersi un privilegiato. Non è mica facile trovarlo, non sono molti i ristoranti e le enoteche che possono proporlo. E vabbé, direte, basta andare a Vinitaly e si assaggia! Magari! Gianni Menotti il Sauvignon De la Tour a Vinitaly non l'ha mai portato, "non è pronto" - dice - "e io voglio che venga bevuto al momento giusto". E allora? Basta una gitarella in azienda. Magari! Se non è pronto non si assaggia, quando è pronto è già bell'e partito per quei pochi che lo hanno prenotato in tempo. Insomma, è una caccia al tesoro. Battute a parte, il Sauvignon De la Tour è uno dei cru aziendali, gli altri sono lo Chardonnay Grafin De la Tour e il Merlot Graf De la Tour. Sono i tre fuoriclasse tra tanti campionissimi, tra i quali, per l'annata 2006, Menotti è particolarmente orgoglioso del Tocai. Il Sauvignon de la Tour nasce da Sauvignon in purezza da vigneti selezionati e ubicati sul colmo della collina prospiciente il centro aziendale con esposizione prevalentemente rivolta a sud-est in terreno interamente marnoso. I ceppi per ettaro sono 5.500 con allevamento soprattutto guyot e in parte, come residuo storico, a doppio capovolto (cappuccina). Vengono vinificati solo grappoli scelti, interi, che vengono adagiati nella pressa pneumatica, poi il mosto, dopo un primo travaso, viene collocato nelle vasche di fermentazione a temperatura controllata. Il vino rimane sulle fecce in acciaio per almeno 10 mesi e quindi imbottigliato dopo 11 mesi dalla vendemmia. Il vino dell'annata 2005 conta 14,6 °C e il 6,5%0 di acidità, è di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Il profumo è molto aromatico, delicato, ricorda il peperone giallo, il fiore di sambuco, la pesca, il pompelmo, il melone, la salvia; il sapore è elegante e vellutato con grande corposità. Si adatta a lunghi invecchiamenti. È perfetto con il prosciutto crudo e preparazioni di pesce importanti, anche con salse e in zuppa. Si esalta pure con i funghi di primavera e le erbe spontanee.

 

Sapori d’Italia n° 77 aprile/maggio 2007