di Gianni Menotti




Per me diventare enologo era quasi un dovere, non per questo mi sono fatto trascinare in questo mestiere sentendomi tenuto a dare o a restituire qualcosa. L’ho fatto solo per la passione che mi ha coinvolto in modo “irrecuperabile” fin dalla mia adolescenza. Tutto sembrava troppo logico e inevitabile per pensare di non seguire quella strada, soprattutto dopo aver passato l’infanzia e l’adolescenza a contatto con la natura e con il modo del vino, in cantina con mio padre. Un amore iniziato fin dai miei primi passi, sbocciato prepotentemente con la conoscenza acquisita durante gli studi universitari e con le prime esperienze concretizzatesi con il lavoro nelle cantine.
Sono rimasto fedele a quell’amore per tutta la mia vita, accrescendone il valore, consolidandone l’importanza, interpretandone i cambiamenti che con gli anni sono avvenuti, contribuendo a variare la visione e comprensione del vino che berremo. Un esercizio di condivisione che, posso assicurarvi, non è stato facile, né tanto meno semplice.
Nel corso degli anni si sono alternati alti e bassi nella mia professione, spronandomi a riflettere e a dissipare i dubbi e le preoccupazioni che, via via, nascevano. Mi domandavo cosa avrei dovuto fare per emergere e valorizzare ciò che facevo.
Volevo che quell’amore fosse un percorso interiore non solo unico e appagante, ma anche magico per me e gli altri. Mi resi conto che ciò che dovevo fare era semplice; quel lavoro doveva essere lo specchio fedele di ciò che sono: curioso, creativo, semplice, etico e propositivo.
Bastava applicare il mio pensiero, seguire il mio istinto e produrre vini che piacessero sia ai neofiti sia a quelli che cercano nel vino qualcosa di più.

SE INIZIALMENTE PER ME DIVENTARE ENOLOGO ERA QUASI UN DOVERE, IN REALTÀ QUESTO LAVORO NON HA TARDATO A TRASFORMARSI IN PASSIONE. UNA PASSIONE CHE MI HA COINVOLTO IN MODO “IRRECUPERABILE” FIN DALLA MIA ADOLESCENZA, FACENDOMI CAPIRE CHE QUEL LAVORO DOVEVA ESSERE LO SPECCHIO FEDELE DI CIÒ CHE SONO: CURIOSO, CREATIVO, SEMPLICE, ETICO E PROPOSITIVO. BASTAVA APPLICARE IL MIO PENSIERO, SEGUIRE IL MIO ISTINTO PER PRODURRE VINI CAPACI DI PIACERE SIA AI NEOFITI SIA A QUELLI CHE CERCANO NEL VINO QUALCOSA DI PIÙ.

Facile a dirsi, ma come raggiungere quel fine, da dove avrei dovuto partire? Dall'eleganza alla quale aggiungere la complessità. Un mix perfetto; i due aggettivi che più di altri descrivono da sempre i miei vini e rappresentano la mia filosofia produttiva. Parto dalla vite per raggiungere questo traguardo È lì il focus del mio percorso operativo, quella componente agronomica che tanto mi appassiona e che approfondisco fin dai tempi dell’Università. Per me è sempre stata questa la strada per arrivare alla qualità: è nella viticoltura il futuro del vino italiano, senza contrapporre il tradizionalismo all’innovazione tecnologica. In Italia abbiamo la più ampia e bella viticoltura del mondo, ma non abbiamo la visione del mondo che invece ci si aspetterebbe con il grande patrimonio che ci è stato trasmesso.
Non ho mai pensato che il vino si faccia in cantina! È solo dal connubio fra coltura e cultura nella gestione del frutto che nasce un grande vino! In cantina, dando per scontata la conoscenza della magica trasformazione che regola la nascita del vino, è necessario incidere il meno possibile per non comprometterne il risultato finale.
Nel tempo le competenze aumentano stimolate dall’esperienza che mi aiuta nella ricerca anche di vini diversi, particolari, quelli che oggi caratterizza- no certe cantine di cui sono consulente.
Questo percorso innovativo non si discosta però da quello iniziale essendo ogni vino che contribuisco a realizzare l’espressione di ciò che sono.

 

Bubble's N.13 2021